Non nominare Carlos

Carlos Monzon

Sapevo che stava per arrivare.

Daniel non era mai in ritardo.

Non aveva un cellulare. “Mi sento libero cosí”… ed io schiavo delle convenzioni tecnologiche moderne avevo sempre paura di non rivederlo piú.

Il sabato mattina al parco. Ore 9. Per lui bastava questo.

“Daniel e se qualche volta non posso venire come faccio ad avvertirti?”

“Io al parco di sabato ci vengo comunque Francisco e se vedo che manchi per piú di due settimane ti cerco tra gli elogi funebri”.

Amavo Daniel perché era cosí diverso da me. Sembrava venire da un altro mondo.

“Moro viejo nunca será buen cristiano”, mi ripeteva ogni volta che cercavo di convicerlo che avere almeno un numero di telefono  gli avrebbe reso la  vita migliore.

“Francisco, ma tu lo sai che mio padre era grande amico del pugile piú forte della storia argentina? Non si parlano piú da quel maledetto giorno a Mar del Plata. Nemmeno lo si poteva nominare piú a casa.  Una volta le presi perché mi beccó che stavo leggendo un libro dedicato alle sue gesta. Le presi di brutto. Anche ora che te ne sto parlando ho il terrore che possa sbucare alle spalle e darmele con quella sua maledetta cinghia”

“Daniel ma era Carlos Monzon e ti riferisci all’episodio dell’uccisione di sua moglie Alicia, vero?”.

“Zitto, pazzo. Potrebbe sentirci”.

 

 

 

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